domenica 5 giugno 2022

 La Sindrome Depressiva, diagnosi e cura 

 

La depressione in quanto disturbo dell'umore va distinta da una generica demoralizzazione. Scopriamo quali sono i sintomi della depressione: 





I SINTOMI DELLE DEPRESSIONE 

  1. Umore depresso per la maggior parte del giorno, quasi ogni giorno, come riportato dal soggetto o come osservato da altri. 

  1. Marcata diminuzione di interesse o piacere per tutte, o quasi tutte, le attività per la maggior parte del giorno, quasi ogni giorno. 

  1. Significativa perdita di peso, in assenza di una dieta, o significativo aumento di peso, oppure diminuzione o aumento dell'appetito quasi ogni giorno. 

  1. Insonnia o ipersonnia quasi ogni giorno. 

  1. Agitazione o rallentamento psicomotorio quasi ogni giorno. 

  1. Affaticamento o mancanza di energia quasi ogni giorno. 

  1. Sentimenti di autosvalutazione oppure sentimenti eccessivi o inappropriati di colpa quasi ogni giorno. 

  1. Diminuzione della capacità di pensare o concentrarsi, o difficoltà a prendere decisioni, quasi ogni giorno. 

  1. Ricorrenti pensieri di morte, ricorrente ideazione suicida senza elaborazione di piani specifici, oppure un tentativo di suicidio o l'elaborazione di un piano specifico per commettere suicidio. 

 

I DISTURBI DELLA DEPRESSIONE 

 

Occorre inoltre che: 

  • I sintomi causino disagio clinicamente significativo o un'alterazione del funzionamento sociale, lavorativo, o di altre importanti aree. 

  • I sintomi non siano dovuti agli effetti fisiologici diretti di una sostanza o a una condizione medica generale. 

  • I sintomi non siano meglio giustificati da lutto, cioè dopo la perdita di una persona cara i sintomi persistono per più di due mesi o sono caratterizzati da una compromissione funzionale marcata, autosvalutazione patologica, ideazione suicidaria, sintomi psicotici o rallentamento psicomotorio. 

 

SI PUÓ GUARIRE DALLA DEPRESSIONE? 

Per superarla occorre: 

  

1. Accettare la malattia 

«La depressione», «è una vera e propria malattia e non va confusa con la tristezza, o con la malinconia, sentimenti che frequentemente sperimentiamo nella nostra vita. Sintomi depressivi possono insorgere dopo eventi di perdita, come ad esempio un lutto, ma in questo caso non si tratta di patologia: è infatti una fisiologica reazione che facilita i meccanismi di elaborazione e ha una durata limitata». 

La depressione patologica compare invece indipendentemente da quanto ci sta accadendo o comunque rappresenta una reazione esagerata, incomprensibile rispetto agli eventi. Il sintomo nucleare è rappresentato dal calo del tono dell’umore, dalla tristezza, ma la sua intensità è molto maggiore rispetto alla fisiologica tristezza: ha caratteristiche quasi fisiche, un peso al petto o alla testa, e si accompagna ad altri sintomi specifici della malattia quali apatia, mancanza di energia, insonnia, solo per citarne alcuni. Altra caratteristica è la sua immodificabilità nel tempo: non migliora anche a fronte di notizie o eventi positivi. 

L’effetto sulla quotidianità è molto pesante«Tutte le scelte che facciamo abitualmente, da quelle più semplici, come la selezione dei vestiti da indossare le mattina o cosa cucinare per pranzo, a quelle più complesse come le scelte professionali e lavorative», «appaiono difficili, quasi impossibili. Questo succede perché il tono dell’umore è un elemento fondamentale nell’ambito del processo decisionale. In altre parole: non prendiamo decisioni soltanto attraverso il ragionamento, la logica; a farci decidere è piuttosto la scelta che risuona emotivamente come migliore, come più adatta a noi. Ed è per questo che a volte prendiamo decisioni anche contrarie a quanto la logica ci direbbe e spesso sono proprio queste le scelte più corrette. Nel soggetto depresso, le oscillazioni dell’umore sono bloccate verso il basso, manca la risonanza emotiva e per questo si fa fatica a decidere. La razionalità non aiuta e l’ansia e le paure che si associano alla depressione, ci bloccano». 

Si tratta, quindi, di una vera e propria patologia. Riconoscerla, non sottovalutarla e accettare che una persona affetta da depressione sia malata e non stia “esagerando” è il primo passo per aiutarla. 

  

2. Non vergognarsi mai 

A volte, capita che si provi imbarazzo per quel genitore o quel parente che non vuole più uscire di casa, che si trascina col pigiama e magari non ha neppure voglia di lavarsi. «A volte ci infastidisce vedere che una persona a cui vogliamo bene si lascia andare, che trascorra gran parte della sua giornata a letto senza fare nulla»«ma dobbiamo essere consapevoli che questo comportamento non è sotto il suo controllo, ed è ulteriormente inficiato dal senso di inutilità e del vissuto di impossibilità al cambiamento tipico del soggetto depresso». Per questo l’attenzione al proprio aspetto fisico, alla cura della propria persona e al modo di presentarsi agli altri perde di significato. 

 
Altro sintomo spesso associato alla depressione è rappresentato dall’anedonia, ovvero l’incapacità di provare piacere nelle attività quotidiane«Gli impegni e gli interessi che prima erano motivo di soddisfazione»«quali hobby, passioni sportive o artistiche, destano ora solo indifferenza e fatica nella loro realizzazione. Da qui l’invito nelle fasi più critiche della malattia a non forzare il paziente all’attività, ma accompagnarlo in ciò che gli è possibile fare». 

Il soggetto depresso vive in una condizione di perenne “rallentamento”, che riguarda sia gli aspetti fisici - il passo è rallentato, muoversi è faticoso - sia quelli psichici - il pensiero si sviluppa con difficoltà, diventa monotematico, la concentrazione e l’attenzione diminuiscono. 

Ma non è tutto: si osservano alterazioni della sfera endocrino-metabolica; il soggetto perde peso, non ha più fame, i capelli diventano più radi, ingrigiti, la libido si riduce fino ad annullarsi, il sonno è popolato da incubi e il risveglio è carico di ansia. La giornata appare monotona e faticosa: si fa strada il sentimento dell’inutilità della vita e, nei casi più gravi, il suicidio appare come l’unica via di uscita. 

Anche per questo, non bisogna vergognarsi di avere un genitore o un conoscente affetto da depressione, ma occorre dare spazio alla sofferenza e favorire la possibilità per il malato di comunicare il proprio disagio senza giudicare troppo frettolosamente. 

  

3. Non forzare 

In presenza di sintomi depressivi che durano da oltre una settimana e in assenza di evidenti fattori scatenanti, occorre rivolgersi al medico per una corretta diagnosi e un’adeguata terapia psicologica e farmacologica«Molto importante, però, è l’approccio dei familiari» rimarca lo psichiatra «Chi è depresso vive la realtà con distacco. È come se fosse uno spettatore che guarda da lontano la vita propria e dei propri cari, senza potervi partecipare: paradossalmente il tentativo di coinvolgere il paziente in situazioni gioiose sortisce l’effetto opposto, facendolo sentire ancora più estraneo, alieno». 

 
Di questo si deve tener conto quando si tenta di riattivare il soggetto affetto da depressione: spesso, in buona fede, si cerca di riattivare il soggetto malato coinvolgendolo in un gran numero di iniziative quali inviti tra amici, cene e uscite mondane, quasi che la depressione potesse essere curata attraverso la trasmissione di energia e vitalità. 
«Tutto questo per il malato ha spesso l’effetto opposto, facendolo sentire ancora più estraneo e in colpa, accentuando il suo senso di autovalutazione e di indegnità. Il depresso, osservando tutti gli sforzi compiuti e l’inefficacia degli stessi, si convince sempre di più di essere un peso per i propri familiari». Così le nostre migliori intenzioni risultano inutili, se non dannose o controproducenti. 

Quindi, anche in questo caso, il consiglio è quello di confrontarsi prima con uno specialista«Va bene la nostra buona volontà, ma meglio evitare il moltiplicarsi di iniziative magari confuse, spesso attivate con il solo scopo di farci sentire meno impotenti di fronte alla malattia. Dobbiamo essere, invece, rispettosi del malessere e dell’inerzia del soggetto depresso, coinvolgendolo sì, ma in attività personali e non pubbliche, accompagnandolo nell’uscita della fase depressiva senza forzarlo, consapevoli dei suoi tempi rallentati e della sua mancanza di energia vitale». 

  

4. Essere presenti 

Soprattutto, quello che conta davvero è la nostra presenza«Anche se il nostro congiunto vuole rimanere a letto, è bene accettare questa condizione senza spaventarci troppo: l’importante è stargli vicino, magari in silenzio, facendogli sentire che ci siamo». 

Per quanto riguarda la terapia, utile ricordare che esistono differenti tipi di depressione per durata, ciclicità e caratteristiche cliniche«Nei casi meno gravi è utile e risolutiva la psicoterapia; in caso di sintomi più marcati con forte inibizione e rallentamento o ideazione suicida occorre prendere in considerazione una terapia con farmaci specifici». In ogni caso, la presenza dei familiari è fondamentale. È importante ricordare loro che non devono scoraggiarsi, anche se i tempi di cura a volte possono essere lunghi. 

Per un familiare, certo, vivere con un genitore o un figlio depresso non è facile: «Si è coinvolti e si fa fatica ad accettare di non poter essere di aiuto. A volte si cerca a tutti i costi una giustificazione alla comparsa della sintomatologia, nella convinzione che la causa vada ricercata in un litigio o nell’ambito del disagio di coppia o che sia colpa dello stress lavorativo; spesso invece la malattia depressiva insorge senza cause apparenti, oppure può essere innescata da questi elementi, ma poi avere un decorso indipendente». 

È importante ricordare, però, che uscire dalla depressione è possibile«Abbiamo a disposizione interventi efficaci che permettono nella maggior parte dei casi un netto miglioramento e spesso una guarigione. È importante non scoraggiarsi, non far venir meno il nostro sostegno al paziente ed essere consapevoli che ci troviamo di fronte ad una malattia che come tale può essere affrontata e sconfitta»Senza pregiudizi, né paura. 


Articoli tratti da: 

  • Fondazione Umberto Veronesi 

  • DSM V 

  • Fatebenefratelli, Dott. Giobbio medico Psichiatra 

 

 

 

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