sabato 31 dicembre 2022

DISTURBO OPPOSITIVO PROVOCATORIO

 



DISTURBO OPPOSITIVO PROVOCATORIO

Il disturbo oppositivo provocatorio è caratterizzato da problemi di autocontrollo, rabbia e irritazione, unitamente a comportamenti di polemica e sfida.

CHE COS’È IL DISTURBO OPPOSITIVO PROVOCATORIO

Il disturbo oppositivo provocatorio rientra nella categoria dei Disturbi da Comportamento Dirompente, del Controllo degli Impulsi e della Condotta, caratterizzati da condizioni che implicano problemi di autocontrollo delle proprie emozioni e dei comportamenti. In tali disturbi i problemi descritti si esprimono attraverso comportamenti che violano i diritti altrui, come nel caso di aggressioni, distruzione della proprietà, o che pongono la persona in netto contrasto con le norme sociali o con figure che rappresentano l’autorità.

Nel disturbo oppositivo provocatorio prevalgono emozioni quali la rabbia e l’irritazione, unitamente a comportamenti di polemica e sfida.

La prevalenza del disturbo varia tra l’1 e l’11%, con una stima media del 3,3% circa. L’incidenza può subire variazioni a seconda dell’età e del genere del bambino. Nelle fasce di età precedenti all’adolescenza, il disturbo sembra presentarsi con più frequenza nei maschi, piuttosto che nelle femmine (1,4:1), tale predominanza maschile non è, tuttavia, sempre riscontrata nella fascia adolescente e adulta.

La frequenza del disturbo oppositivo provocatorio risulta maggiore nelle famiglie in cui un genitore presenta un disturbo antisociale ed è più comune nei figli di genitori biologici con dipendenze da alcool, disturbi dell’umore, schizofrenia, o di genitori con una storia di disturbo da deficit di attenzione e iperattività o di disturbo della condotta.

Il disturbo oppositivo provocatorio si caratterizza per la presenza frequente e persistente di umore collerico/irritabile (va spesso in collera, è spesso permaloso o contrariato, è spesso adirato e risentito), comportamento polemico/provocatorio (litiga spesso con persone che rappresentano l’autorità, sfida spesso apertamente o rifiuta di rispettare le regole, irrita deliberatamente gli altri, accusa gli altri per i propri errori), vendicatività. Tali sintomi devono presentarsi nell’interagire con almeno una persona diversa da un fratello e sono, spesso, parte di modalità di interazione problematiche con gli altri.

ESORDIO E DECORSO DEL DISTURBO OPPOSITIVO PROVOCATORIO

La comparsa dei primi sintomi si verifica prevalentemente in età prescolare e raramente oltre la prima adolescenza; un esordio dopo i sedici anni è molto raro in entrambi i sessi (Kazdin, 1997). Spesso il disturbo precede lo sviluppo di un Disturbo della Condotta; si associa, inoltre, al disturbo oppositivo provocatorio il rischio di sviluppare disturbi d’ansia, disturbo depressivo, pur in assenza di un disturbo della condotta.

È improbabile che i bambini che non hanno mostrato comportamenti aggressivi nella prima infanzia sviluppino livelli elevati di aggressività nelle età successive (Shaw, Gilliom & Giovannelli, 2000).

CAUSE DEL DISTURBO OPPOSITIVO PROVOCATORIO

Alla base del disturbo oppositivo provocatorio può esserci un’interazione tra diversi fattori:

FATTORI INDIVIDUALI

Temperamentali: può verificarsi un’inadeguata interazione tra il temperamento del bambino e il temperamento del genitore. Spesso modalità educative caratterizzate da eccessiva rigidità entrano in contrasto con la spinta a esplorare del bambino.

Biologici: in bambini con disturbo oppositivo provocatorio risulterebbero compromessi sia il sistema di inibizione del comportamento (che impedisce l’azione quando si intuisce che essa potrebbe condurre a esperienze spiacevoli) sia il sistema di attivazione del comportamento (che inizia un’azione quando se ne presenta l’opportunità). Inoltre, si riscontrano alterazioni nelle funzioni esecutive, cioè nei processi cognitivi coinvolti nel mantenimento di attenzione e impegno, nell’inibizione di risposte inappropriate e nella regolazione di risposte emotive e comportamentali (Giancola et al., 1996). Si registra, inoltre, una scarsa attivazione fisiologica che si esprime con livelli più bassi di sensibilità al pericolo (Giancola, 2000).

Nei bambini con disturbo oppositivo provocatorio ci sono evidenze rispetto alla presenza di livelli più bassi di cortisolo (McBurnett et al., 2000) definito come l’ormone dello stress, che può far ipotizzare una ipoattività del sistema nervoso centrale nell’area del controllo degli impulsi e nella previsione delle conseguenze negative dell’azione.

FATTORI CONTESTUALI

Lo stile educativo dei genitori alterna eccessiva rigidità e coercizione (Patterson et al., 1998)  a incoerenza e negligenza. I comportamenti problematici del bambino divengono oggetto costante di attenzioni, mentre quelli positivi risultano trascurati, conducendo a un circolo vizioso che rimanda al bambino un’immagine negativa di sé che rafforza e mantiene i comportamenti oppositivi.

È inoltre molto frequente riscontrare alti livelli di depressione nelle madri di bambini con disturbo oppositivo provocatorio, molto superiori a quelli nella popolazione generale (Nigg e Hinsaw, 1998). Tale osservazione si correla all’evidenza delle difficoltà di accudimento e a interazioni problematiche di madri depresse con i propri figli (Harnish, Dodge, Valente, 1995).

Incidono, inoltre, fattori quali lo svantaggio socio-economico, l’esposizione a modelli aggressivi adulti, alcuni eventi stressanti che possono colpire la famiglia, la mancanza di stimoli cognitivi, il desiderio di voler raggiungere lo status sociale desiderato (Harnish, Dodge, & Valente, 1995).

COSTRUTTI PSICOPATOLOGICI DEL DISTURBO OPPOSITIVO PROVOCATORIO

Nel modello cognitivo-comportamentale della rabbia e dei comportamenti aggressivi in età evolutiva le emozioni e i comportamenti aggressivi del bambino sono regolati dal modo in cui il bambino percepisce, elabora e media gli eventi ambientali, piuttosto che dagli eventi in sé (Nelson & Finch, 2000). La rabbia si pone, dunque, come reazione soggettiva ai problemi e agli eventi frustranti quotidiani.

In questi bambini, infatti, si manifestano ipocontrollo, scarsa riflessività, difficoltà ad assumere una prospettiva diversa dalla propria, assenza di problem solving e quindi, un deficit cognitivo che impedisce di attivare processi di pensiero che guidino in modo funzionale il comportamento (Kendall, 2000).

In particolare, nei bambini con disturbo oppositivo provocatorio è presente la tendenza ad attribuire i propri comportamenti problematici a cause esterne e non dipendenti da se stessi; ciò incide ulteriormente sulle difficoltà nel valutare in modo funzionale situazioni ed eventi e a selezionare strategie adeguate per la risoluzione dei conflitti.

FATTORI DI RISCHIO DEL DISTURBO OPPOSITIVO PROVOCATORIO

Diversi possono essere gli elementi predittivi per lo sviluppo del disturbo:

  • Fattori temperamentali: sono connessi a difficoltà nella regolazione emotiva e vedono il manifestarsi di alti livelli di reattività emozionale, scarsa tolleranza alla frustrazione.
  • Fattori ambientali: nelle famiglie di bambini che presentano un disturbo oppositivo provocatorio sono frequenti modalità educative rigide, incoerenti o negligenti, che svolgono un ruolo importante nello sviluppo del disturbo.
  • Fattori genetici e sociologici: al disturbo si riscontra l’associazione di marker neurobiologici quali bassa frequenza cardiaca, anomalie nella corteccia prefrontale e nell’amigdala.

TERAPIA DEL DISTURBO OPPOSITIVO PROVOCATORIO

In letteratura è stato dimostrato come interventi sistematici e multimodali abbiano maggiore efficacia nel trattamento dei comportamenti aggressivi (Southam-Gerow & Kendall, 1997) cercando di intervenire su più fronti e prevedendo interventi individuali, familiari ed extra-familiari, ed eventualmente anche psicofarmacologici.

La Terapia Cognitivo-Comportamentale si centra sulle percezioni e i pensieri del bambino con disturbo oppositivo provocatorio nel fronteggiare situazioni da lui percepite come frustranti o provocatorie. Obiettivi cardine che guidano il processo terapeutico sono l’intervento sulle distorsioni nella rappresentazione cognitiva di ciò che accade e la regolazione emotiva, in particolare della rabbia. L’intervento prevede, sullo specifico aspetto di gestione della rabbia, l’insegnamento di strategie di autocontrollo, che aiutino il bambino ad utilizzare i processi cognitivi per modificare i comportamenti disfunzionali e sviluppare strategie alternative per fronteggiare le situazioni.

L’approccio cognitivo-comportamentale è costituito da componenti multiple e integrate:

  • Fase psicoeducativa: si pone come obiettivo quello di insegnare al bambino a riconoscere i meccanismi che attivano la rabbia. È centrale la comprensione della relazione esistente tra situazioni, pensieri, emozioni e comportamenti.
  • Fase di acquisizione delle abilità: è finalizzata all’apprendimento di nuove strategie cognitive e comportamentali che aiuteranno il bambino a fronteggiare e gestire le situazioni che gli provocano rabbia (Nelson & Finch, 2000). Gli apprendimenti riguardano la capacità di parlare a se stesso per ridurre la rabbia (autodialogo), esprimere in modo adeguato le proprie emozioni e richieste (Training di Assertività), trovare le soluzioni più utili e funzionali per gestire e risolvere le situazioni problematiche (problem solving).
  • Fase di addestramento all’applicazione delle abilità apprese: l’obiettivo è la messa in pratica delle abilità apprese, anche attraverso l’utilizzo di compiti a casa, al fine di renderle, con l’esercizio, sempre più consuete.

Nel disturbo oppositivo provocatorio è importante includere nell’intervento i genitori, prevedendo anche con loro una fase psicoeducativa attraverso cui fornire gli elementi per comprendere pienamente il disturbo e i fattori che ne favoriscono il mantenimento. Obiettivi dell’intervento con i genitori sono:

  • Focalizzare la loro attenzione sui comportamenti positivi dei bambini, in modo da incentivare la frequenza con cui si presentano e limitare il verificarsi di comportamenti indesiderati.
  • Acquisire consapevolezza, riconoscere ed interrompere i circoli viziosi che mantengono e rafforzano il problema.
  • Sviluppare pensieri più funzionali rispetto a se stessi ed alle proprie capacità genitoriali.
  • Apprendimento di tecniche comportamentali finalizzate alla creazione di un ambiente familiare affettivamente stabile e coerente.

BIBLIOGRAFIA

  • American Psychiatric Association. Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali – Quinta Edizione. A cura di Biondi M. Raffaello Cortina Editore, Milano 2014.
  • Giancola P.R., Moss H.B., Martin C.S., Kirisci L., Tarter R.E. (1996), “Executive cognitive functioning predicts reactive aggression in boys at high risk for substance abuse: a prospective study”, Alchoolism: Clinical and Experimental Research, 20, 740-744
  • Giancola P. R. (2000). Temperament and antisocial behavior in preadolescent boys with or without a family history of a substance use disorder. Psychology of Addictive Behaviors, 14: 56-68.
  • Harnish  J. D., Dodge K. A., & Valente, E. (1995). Mother-child interaction quality as a partial mediator of the roles of maternal depressive symptomatology and socioeconomic status in the development of child behavior problems. Child Development, 66, 739-753.
  • Isola L., Mancini F. (a cura di) “Psicoterapia cognitiva dell’infanzia e dell’adolescenza” Seconda Edizione Franco Angeli Editore, Milano 2007
  • Kazdin  A. E. (1997). Practitioner review: psychosocial treatments for conduct disorder in children. J Child Psychol Psychiatry, 38:161– 178.
  • Kendall  P. C. (2000). Child and Adolescent Therapy: Cognitive-Behavioral Procedures. New York: Guilford.
  • McBurnett  K., Lahey B.B., Rathouz P.J., Loeber  R. (2000), “Low salivary cortisol and persistent aggression in boys referred for disruptive behavior”, Archives of General Psychiatry, 57, 38-43
  • Nelson W.M. III, Finch A.J. Jr. (2000), Managing anger in youth: a cognitive- behavioral intervention approach, in Kendall P.C. (ed.), Child and adolescent therapy: cognitive-behavioral procedures, Guilford Press, New York
  • Nigg J.T., Hinshaw S.P. (1998), “Parent personality traits and psychopatology associated with antisocial behaviors in childhood attention-deficit hyperactivity disorder”, Journal of Child Psychology and Psychiatry, 39, 145-159
  • Patterson G.R., Forgatch M.S., Yoerger  K.L., Stoolmiller M. (1998), “Variables that initiate and maintain early-onset trajectories of juvenile offending”, Development and Psychopatology, 10, 531-547
  • Shaw  D. S., Gilliom, M., & Giovannelli, J. (2000). Aggressive Behavior Disorders. In: Zeanah CH, editor. Handbook of infant mental health. 2: 397-411. New York: Guilford Press.

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